Il gioco: maestro di vita

Il gioco è un’attività importante per tutti gli animali

Giocare. Un’attività che impegna corpo e mente. Riequilibra l’animo e da libertà al nostro essere. Gli animali, di cui l’uomo è l’esponente più studiato da sempre, giocano già in tenera età: esprimendo comportamenti innati, o imitando gli adulti, i cuccioli imparano le strategie del sopravvivere. Il «play fighting», giocare a combattere, è il modo in cui i cuccioli provano la loro forza e le loro abilità per combattere, cacciare o anche sfuggire ad un assalto. I giochi competitivi basati sul mordicchiarsi sono frequenti nei cani e nei gatti, ma anche nei leoni, orsi, tigri, lupi: a partire dalla terza settimana di vita hanno una funzione socio-educativa di tutto rispetto. Questi giochi di bocca evolvono nel cosiddetto “morso inibito” o controllato, proprio in virtù della risposta del compagno di gioco nonché dell’intervento materno. In altri animali le modalità cambiano ma resta lo stesso fine: imparare a vivere meglio e insieme. Nelle giraffe è il collo l’organo eletto come punto di forza, cosicché i finti tornei sembrano quasi effusioni e prendono il nome di “necking”, sbaciucchiarsi. Cardellini, lucherini e verdoni quasi si confondono tra di loro mentre giocano di gusto in coppia o in gruppo. Alcuni Ciclidi giocano a colpire senza motivo oggetti sul fondo delle vasche e ne sono talmente presi da dimenticarsi anche di mangiare. I polpi sembrano che amino tirare piccole palline sott’acqua per vederle poi sbalzare fuori nuovamente dall’acqua: un po come fanno i bambini o i cuccioli di altre specie.

Prove tecniche

Attraverso il gioco il bambino impara ad essere perseverante aumentando la propria autostima

I cuccioli umani adorano giocare ed è un’attività che svolgono con estrema attenzione. Attraverso il gioco, infatti, il bambino incomincia a comprendere come funzionano le cose: che cosa si può o non si può fare con determinati oggetti, si rende conto dell’esistenza di leggi del caso e della probabilità e di regole di comportamento che vanno rispettate. L’esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di quello esteriore, incominciando ad accettare le legittime esigenze di queste sue due realtà. Grazie alle neuroscienze oggi abbiamo una conoscenza più profonda del processo di apprendimento. In una delle sue conferenze, Daniela Lucangeli, professore ordinario di Psicologia dello Sviluppo presso l’Università degli studi di Padova, conferma un dato importante e fondamentale: l’importanza del gioco nello sviluppo del bambino. Le attività ludiche, a cui i bambini si dedicano, si modificano di pari passo con il loro sviluppo intellettivo e psicologico, ma rimangono un aspetto fondamentale della vita di ogni individuo, in tutte le fasce d’età.

Una vita senza gioco

Se è vero che giocare fa bene, è ancor più vero che non giocare non solo non fa bene ma è addirittura dannoso.

«Il gioco è una sorgente di motivazione e perciò sarebbe inimmaginabile un’infanzia senza giochi. Un bambino che non sa giocare è “in fieri” un adulto non solo incapace di pensare e ragionare, ma anche di agire responsabilmente».

Claparède

Il gioco, utilizzato durante le lezioni, è uno strumento di crescita fondamentale per lo sviluppo dell’adolescente

Esiste una sorta di “deprivazione da gioco”. Negli animali è stato osservato che se un cucciolo viene privato di questo apprendistato ludico, una volta adulto non sarà in grado di giocare o interagire con il prossimo nei dovuti modi. La vita senza gioco risulta desolante, sviluppa gravi problemi sociali in età adulta e incapacità ad accoppiarsi. Ricerche sugli esseri umani identificano i “non giocatori” tendenzialmente come maniaci del lavoro e soprattutto come depressi. Nei bambini la mancanza di tempo da dedicare all’attività ludica crea una grande difficoltà. Peter Gray, psicologo professore al Boston College, che ha dedicato all’istinto del gioco nei bambini e alla sua utilità nella crescita la maggior parte dei suoi studi, ha riscontrato che le minori opportunità di gioco si accompagnano a «una diminuzione dell’empatia e un aumento del narcisismo». Infatti ha affermato che

un bambino che non ha tempo di giocare da piccolo sarà un adulto con «un’eccessiva concezione di sé» e una scarsa «capacità a vedere le cose dal punto di vista di un’altra persona e a capire quello che prova».

Il gioco pilotato

Il “guided play” può essere efficace nel promuovere l’apprendimento

E’ proprio per questi numerosi motivi che l’arte di insegnare si è avvalsa di questo fine strumento: durante il gioco ci si concentra di più e si impara meglio. Un gioco indirizzato dall’adulto o “guided play” può essere efficace nel promuovere l’apprendimento (Skolnik Weisberg et al., 2013) e, come una piccola lanterna, aiuta il discente a seguire più facilmente la strada della conoscenza. Questo tipo di metodo prevede un apprendimento centrato sul bambino, che ha un ruolo principale nella scelta delle attività; il gioco in questo caso è tuttavia introdotto e stimolato anche dall’adulto, che dà il via al processo didattico, stabilisce gli obiettivi e cerca di monitorare il procedimento, mantenendo l’ attenzione sugli scopi stabiliti. Secondo Skolnik Weisberg e colleghi (2013), infatti, un metodo basato sul “guided play” promuove un miglior sviluppo socioemotivo, una miglior regolazione emotiva, una maggior autoefficacia, minor stress e minori problemi comportamentali dall’età prescolare fino alle scuole medie superiori. La letteratura è chiara nell’indicare l’importanza di usare diverse strategie, che prevedano lezioni più strutturate ma anche attività di gioco, soprattutto se indirizzato dall’adulto, e che diano una maggior preparazione all’ingresso scolastico e miglioramenti a lungo termine (Skolnik Weiberg et al., 2013).

la vita è un gioco da ragazzi… e non solo

Tuttavia, bisogna chiarire che dire gioco non significa frivolo o superficiale. L’attività giocosa è una sorta di test che, in modo nascosto, mette alla prova stimolando la capacità di riflessione. Michel de Montaigne diceva:

I giochi dei bambini non sono giochi, bisogna considerarli come le loro azioni più serie”.

Il gioco è un’attività con grandi vantaggi sia per i bambini che per gli adulti

Un’attività che prepara al mestiere del vivere del bambino.  Ma se giocare è un’attività importante per i bambini, lo è ancor di più per gli adulti, che spesso evitano di giocare: crescendo, la visione del gioco cambia, perde di importanza e diventa ridicolo. Un errore madornale. Il gioco continua ad appassionare l’individuo anche in età adulta, donandogli piena consapevolezza delle proprie capacità in un’atmosfera congeniale. Durante il gioco si sperimentano scelte, si scoprono lati del proprio carattere spesso assopiti e si socializza con estrema semplicità. Il gioco nell’adulto è un momento importante per il benessere psicofisico, indispensabile tanto quanto lo è nel bambino e nell’adolescente. Giocare, in maniera libera e creativa, permette al nostro cervello di esercitare la sua flessibilità, di mantenere e rinnovare connessioni neurali, di spronare l’adattamento. Infatti, l’attività ludica stimola la crescita dei nervi nelle parti del cervello che elaborano le emozioni e le funzioni esecutive. Un po’ di gioco è in grado di aiutare a risolvere i grandi problemi: è provato che il divertimento allenta la tensione e facilita le connessioni utili a una maggiore flessibilità e creatività mentale. Giocare insegna a stare con gli altri, è un forte aggregante ed infatti viene spesso usato come attività di team-building per rafforzare i legami fra i dipendenti di un’azienda. L’uomo adulto continua a giocare, anche se saltuariamente, a scacchi, dama, carte, oppure a calcio, tennis, pallacanestro; gioca, inoltre, in tutti i momenti in cui si permette di “non fare sul serio” o di prendere in giro se stesso o gli altri.

Imparare divertendosi

Il gioco è un perfetto strumento didattico per tutte le materie scientifiche

L’importanza essenziale del gioco nella vita umana, soprattutto nella fase che precede l’adolescenza, ne suggerisce un possibile uso in ambito didattico, per rendere più naturale ed agevole l’apprendimento.
La frase giocando s’impara non è, quindi, solo un modo di dire, ma va intesa con un significato più ampio in quanto tiene conto del coinvolgimento di vari aspetti mentali e cognitivi nell’attività ludica. Il gioco è, infatti, uno strumento per raggiungere importanti obiettivi: facilita l’acquisizione di regole, la memorizzazione e la comprensione di concetti; favorisce il rapporto con gli altri, il riconoscimento dei propri limiti e delle proprie capacità; sviluppa le abilità manuali e il coordinamento oculo-motorio.
Inoltre nel gioco è possibile osservare il comportamento di un individuo in una situazione in cui è più libero di esprimere quegli atteggiamenti che normalmente sfuggono all’attenzione dell’insegnante.

La didattica ludica è uno strumento indispensabile per ogni insegnante

In più, la realizzazione di un gioco nuovo porta ad una serie infinite di ricadute positive: dall’aumento di autostima all’inclusione, dal rispetto delle regole alla capacità di controllo, dal senso civico allo sviluppo di soluzioni per il benessere sociale. L’opportunità che viene offerta dalla moltitudine di applicazioni didattiche che ha il gioco è davvero straordinaria, ed il limite è dato solo dalla creatività dell’insegnante.

«La differenza fra noi e gli allevi affidati alle nostre cure sta solo in ciò, che noi abbiamo percorso un più lungo tratto della parabola della vita. Se gli allievi non capiscono, il torto è dell’insegnante che non sa spiegare. Né vale addossare la responsabilità alle scuole inferiori, e richiamare ciò che essi hanno dimenticato, o studiato sotto altra nomenclatura. Se l’insegnante tormenta i suoi alunni, e invece di cattivarsi il loro amore, eccita odio contro sé e la scienza che insegna, non solo il suo insegnamento sarà negativo, ma il dover convivere con tanti piccoli nemici sarà per lui un continuo tormento».

Giuseppe Peano

Il gioco sano come maestro di vita, insegna, esamina e piacevolmente guida verso un futuro responsabile e consapevole. Giocate tutti, giocate bene e giocate spesso, perché, come qualcuno disse:

“Si può scoprire più di una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”.

Francesco Attanasio

 

Bibliografia

Metodi e tematiche nella ricerca socio-psico-pedagogica             di Pietro Boccia;

Il gioco psicomotorio. Psicomotricità psicodinamica
di Mauro Vecchiato;

Lasciateli giocare                                                                               di Peter Gray;

L’intelligenza numerica
di Daniela Lucangeli, Silvana Poli, Adriana Molin;

Il gioco. Ruolo e sviluppo del comportamento ludico negli animali, Volume 4
a cura di J. Bruner, A. Jolly, K. Sylva;

Imparare giocando: le strategie di apprendimento basate sul gioco nel passaggio all’età scolare                                                    di Chiara Arlanch.

Foto

Cristina Guida

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