Il Professor Alpha e il veleno misterioso

Il Professor Alpha in tuta protettiva

La ventola dell’impianto di aerazione riprese a girare. Nel laboratorio, il suono dei rilevatori scandiva il tempo. Un uomo, in tuta protettiva gialla, armeggiava alla valvola del Bunsen. Sul petto risaltava una targhetta identificativa in blu: Professor Alpha. L’uomo estrasse da una custodia di plastica una piccola boccetta contenente un liquido incolore. Poteva essere acqua. Ma l’etichetta minacciosa, con un teschio e due ossa incrociate, faceva presupporre tutt’altro. Sconosciuto era il contenuto quanto il mittente della strana boccetta (vedi racconto 2). Con mano ferma estrasse poche gocce di quella sostanza. L’avvicinò alla fiamma, che istantaneamente mutò in un indaco acceso. Il forte odore di aglio inondò la stanza. L’avrebbe sentito anche lui se non avesse indossato la maschera di protezione antigas. Osservò la boccetta in controluce. La ripose nel contenitore, chiuse con attenzione e si avviò verso la camera di decontaminazione. Mentre un forte getto d’aria e acqua lo ricopriva, restò immobile. Il forte soffio sparato sulla tuta eliminò ogni goccia residua. Con gesti sicuri, ripetuti migliaia di volte, premette il pulsante rosso per l’apertura della porta a chiusura ermetica. Una folata d’aria venne risucchiata nella zona di decompressione. Si sedette sulla panca alla destra della porta. Svitò i grossi fermi che ancoravano la maschera alla muta. Sfilò la maschera antigas e la posò sull’appendiabiti. Quindi fu il momento della tuta, del copri scarpe e dei guanti. Rimase a fissare la maschera per qualche istante. «Causa-effetto» disse a bassa voce. Le sue riflessioni furono interrotte dalla porta della stanza che si aprì. Viola De Santis, una bionda mozzafiato, entrò nella stanza con passo agile. Non le piaceva definirsi un’“assistente”, anche se tecnicamente lo era. Preferiva dire che era “l’enzima che catalizzava il presente del Professor Alpha”. Una donna tanto bella quanto geniale: le sue misure, 90-60-90, erano, a detta sua, solo 3 addendi la cui somma era pari al suo QI. «Professore, l’analisi spettrometrica è pronta» disse mostrando alcuni fogli. «Viola» iniziò il professore pulendo gli occhiali con il lembo del camice bianco, «ad ogni causa corrisponde un effetto: noi abbiamo fatto un’analisi del liquido contenuto in quella boccetta. Questo è un effetto. Una causa è il simbolo su quella boccetta. Ma una causa è anche la lettera senza mittente in cui era conservata quella boccetta. il timbro postale è del nostro comune: anche questa è una causa. Ma se tutto questo, invece, fosse un effetto?»

Il soccorso

La loro discussione filosofica fu interrotta dall’urlo del vicino. Viola ed il Professore si scambiarono appena uno sguardo e corsero verso la grande vetrata. Uscirono nel giardino-laboratorio e videro, oltre la siepe di bosso, Franco Conte, il vicino, che correva in preda al panico con in braccio il proprio cane, con la testa penzoloni. Si avvicinò a loro con le lacrime agli occhi: «Aiutatemi, vi prego!» «Cosa è successo?» Chiese il professore osservando attentamente la scena. «Il mio Black… era come sempre in giardino… stava scavando una buca, come ha fatto altre volte… all’improvviso ha iniziato a vomitare, ululava… poi è svenuto… povero Black». «Non perdiamo tempo!» Disse il professore, e subito si misero in auto verso il veterinario più vicino.

La lunga attesa fuori alla sala operatoria fu accompagnata dal rumore incessante dei passi di Franco che camminava senza sosta lungo il perimetro del corridoio. Viola entrò nella sala d’aspetto e lo raggiunse, interrompendo il suo infinito percorso. Gli porse un bicchiere dal contenuto fumante: «Beva, le farà bene». La veterinaria uscì dalla sala operatoria. Si tolse i guanti ed avanzò verso di loro. «Salve» Esordì la dottoressa. «Lei è il proprietario del pastore tedesco?» Lo sguardo dell’uomo parve cercare un minimo di speranza nei gesti della giovane donna. Quindi annuì. «Il cane, molto probabilmente, ha ingerito un veleno. Lei usa topicida, veleno per lumache, insetticida o erbicida di qualche specie?» L’uomo sgranò gli occhi, stupito da una tale domanda. «Non ho mai usato nessun tipo di veleno! Sono contrario, soprattutto per evitare che Black lo possa ingerire… glielo posso giurare!» La veterinaria lo interruppe: «Le credo, non si giustifichi. Non è il solo: in questa settimana ho avuto altri cinque di casi come il suo. Tutti con sintomatologia simile… sembra che qualcuno stia avvelenando i cani e i gatti del quartiere…» Il professor Alpha e Viola si scambiarono una rapida occhiata. «Sa quale veleno possa aver ingerito Black?» Chiese il professore. «Dovremmo fare altre analisi» Rispose la dottoressa, facendo spallucce: «Potrebbe essere piombo, arsenico o cianuro. Per ora il cane è in prognosi riservata e rimarrà qui fino a quando non migliora. Lei vada pure a casa» Disse al padrone del cane «La terremo informata noi, stia tranquillo.» «Dove stava scavando il cane?» Chiese il professore a Franco, improvvisamente illuminato da un’idea. «Sotto la pianta di limone. » Rispose l’uomo senza dare troppo peso a quel particolare: «Scava spesso li. Anzi, ho dovuto aggiungere altro terreno intorno alle radici con della terra fresca.» «Dobbiamo correre a casa!» disse il professore dirigendosi verso l’uscita. Si girò a guardare gli altri che lo osservavano attoniti e aggiunse «Jamm bell, ja!».

Alla ricerca di prove

Il terriccio dell’indagine

In auto non diede altre spiegazioni, ma non faceva che ripetere «Causa-effetto, causa-effetto». Viola e il vicino si scambiarono sguardi di perplessità fino all’arrivo. Giunti nel giardino di Franco, il professore balzò fuori dall’auto e andò dritto verso il garage: «Ma cosa…?» Provò a chiedere, ma il professore lo anticipò: «La confezione!» «Quale confezione?» Domandò il vicino. «La confezione del terriccio: dove sta?» Chiese il professore scandendo ogni singola sillaba. «E’ lì, vicino alla pianta di limoni» Fece l’uomo, indicando un alberello, dalle foglie piccole e malconce. Il professore osservò la confezione: «La marca è “verdechebello”: un’azienda che si trova poco fuori città. Produce terriccio ammendante compostato. Sull’etichetta è scritto che l’azienda collabora con la NewusPlant del Bangladesh. Qui riporta tutti i valori: cadmio, piombo, rame, zinco, nichel e cromo; tutto nella norma». Il Professore annusò il terriccio alla base della pianta, ne prese una manciata e la mise in un sacchetto che ripose in tasca. Poi si voltò verso Viola e Franco: «Dobbiamo recarci rapidamente in quell’azienda!», quindi sussurrò all’orecchio del vicino: «Cosa usa per disincrostare il water?» Il vicino restò sbigottito, ma non ebbe il tempo di rispondere che il professore era già corso nel bagno a controllare. Uscì con due bottiglie di acido per le incrostazioni e partirono verso l’azienda produttrice di terriccio.

All’origine del problema

Il grande cancello dell’azienda era controllato da un guardiano sulla sessantina. Si avvicinarono con l’auto, ma furono subito fermati. Il professore scese e, senza curarsi dell’omino in divisa, proseguì verso gli uffici. «ALTOLA’!» Urlò il guardiano, con tono minaccioso. Il professore si voltò infastidito. Lo guardò fisso e disse: «A meno che Lei non sia un esperto di biochimica o un tecnico con cui poter confrontare un eventuale test cromatografico, credo che la cosa migliore che possa fare è indicarmi l’ufficio di un dirigente. » L’uomo diventò rosso dalla rabbia è mentre stava per rispondere il professore lo zittì rapido: «Mi faccia indovinare: alito cattivo, irritazione cutanea, debolezza muscolare. Da quando sono comparsi questi sintomi?» Il guardiano lo guardò sospettoso. Ma il professore continuò: «Le voglio fare un’offerta molto vantaggiosa: Lei mi porta dal “Gran Capo” ed io le salvo la vita. C’amma fà?» Il vecchio guardiano prese le chiavi del portone, li guardò e disse: «seguitemi, e statemi vicino». I tre presero le bottiglie di disincrostante e lo seguirono.

Gli uffici della “verdechebello” erano molto luminosi, con personale che lavorava freneticamente. Arrivarono ad una porta di legno laccato con la targa “Ing. Burani”. Il guardiano bussò. Si voltò verso i tre ospiti, facendo gesto di aspettare. Una voce lo invitò ad entrare, ma il professore avanzò con passo sicuro nella stanza, facendo da parte il guardiano. Un uomo in giacca e cravatta sedeva dietro una scrivania di cristallo. Sotto la finestra alcune piante verdeggianti coloravano la stanza grigia. Le due segretarie alle scrivanie laterali sembrarono spaventarsi dell’ingresso del professore. L’uomo alla scrivania si alzò di scatto. «Ma chi siete? Cosa volete?» Disse Burani. Il professore corse verso le piante. Ne annusò il terriccio. Poi si voltò: «Chiamate immediatamente le forze dell’ordine! Qui c’è un chiaro caso di inquinamento doloso!» Franco e Viola si misero subito al telefono. «MA CHI SIETE! COME VI PERMETTETE!» urlò il pezzo grosso. Il professore, avvicinandosi alla scrivania del manager della ditta “verdechebello”, lo osservò con attenzione. Poi iniziò: «Guagliò, ma che staje facenn?»

La soluzione

L’uomo lo fissava con occhi sbarrati nel silenzio delle segretarie e dell’anziano guardiano che era rimasto fermo sull’uscio della porta. «Il terriccio che vendete in tutta la zona e che state consegnando anche altrove, è avvelenato da metalli pesanti» Disse serio il professore. «Ma lei è pazzo! Le tabelle dei metalli pesanti sono ben evidenti su tutte le confezioni e rispecchiano le ultime analisi svolte sul campione…» Rispose pronto l’ingegnere, cercando fra le scartoffie sulla scrivania. Ma il professore lo fermò subito: «Eh no, il metallo pesante presente nel suo terreno non risulta nella tabella delle ultime analisi. Un metallo che è stato trasferito nel compost del suo terriccio dai resti agricoli della NewusPlant, con cui la vostra azienda collabora. Un metallo che in Bangladesh, dove la NewusPlant ha sede, abbonda nelle acque che irrigano le colture e che da queste viene assorbito. Una sostanza subdola quanto pericolosa, che sta avvelenando le colture e gli animali di tutta la provincia. Ma lei già lo sapeva, per questo non ha usato il suo terriccio per concimare le piante qui in questa stanza. Lei sapeva benissimo che il suo compost è RICCO DI ARSENICO!» e così dicendo estrasse dalla tasca la bustina col terriccio. «Ma questo è ridicolo…» disse l’ingegner Burani, in evidente imbarazzo, cercando consenso nello sguardo delle segretarie. Il professore fece cenno a Franco, che portò le bottiglie di disincrostante in stanza. Il professore si guardò in giro, quindi prese una bottiglia di vetro piena di acqua minerale che era sul tavolo. Aprì la finestra e la vuotò fuori. «Ma io non le permetto… Chiamate subito i carabinieri!» Disse Burani agitandosi da dietro la scrivania: «Ed ora cosa vuole fare? Pulirci il water?» Aggiunse con una risata nervosa. Il professore lo fissò, poi sorrise e mentre armeggiava con la bottiglia e i disincrostanti iniziò la sua lezione: «Pochi sanno che il medico Samuel Hahnemann, il fondatore dell’omeopatia, trovò un modo pratico per scoprire la presenza di arsenico all’interno di un miscuglio: se il contenuto presente in questa bottiglia cambierà colore allora saremo di fronte ad una contaminazione da arsenico.» «E di che colore dovrà diventare?» chiese una delle segretarie, prendendo coraggio. «Giallo, signorina!» Rispose il professore mostrando il paglierino liquido che si era formato. Poi, mostrandolo a Burani disse: «Ma lei, questo, già lo sapeva, ingegnere!» L’ingegnere si fiondò verso la porta ma, con perfetto tempismo, le forze dell’ordine entrarono nella stanza: sequestrarono tutti gli incartamenti dell’azienda, mentre Burani fu portato via dagli agenti. Il professore, soddisfatto, si avvicinò a Franco dicendo: «La prossima volta è meglio optare per il compostaggio di prossimità, senza comprare terriccio di origine sconosciuta: il miglior compost è chill ca ve facit che man vost’!» E uscì dalla stanza.

Gli esami non finiscono mai

La boccetta misteriosa

La luce della scrivania era accesa e illuminava un plico di fogli. Era passata una settimana dall’accaduto nell’azienda “verdechebello” e il professore, seduto sulla sua poltrona, ripensava al test di laboratorio della sostanza misteriosa ricevuta per posta. Viola, seduta alla scrivania, segnava lunghe formule sul foglio: «Professore, questa è davvero una strana coincidenza, non crede? La sostanza che stavamo analizzando era lo stesso metallo pesante che ha avvelenato il compost». «Il caso non esiste» Rispose laconico Alpha, mentre sfogliava le tabelle. In quel momento il telefono squillò. Il professore alzò la cornetta e l’avvicinò all’orecchio. Dall’altra parte, un rumore di ingranaggi ed un bip meccanico, poi una voce femminile chiese: «Professor Alpha?» Il professore, diffidente, rispose: «Chi è che lo cerca?» La voce continuò: «Bravo professore, lei è davvero all’altezza della sua fama. Esame superato» E attaccò. Il professor Alpha ripose piano la cornetta sul telefono. «Chi era professore?» Chiese Viola. Il professore si tolse gli occhiali per ripulirli con il lembo del camice, quindi le rispose: «Il mittente del pacco misterioso».

…continua

Francesco Attanasio

Bibliografia

Arsenico nelle catene alimentari di Federica Aureli, Marilena D’Amato, Andrea Raggi,Maria Cristina Barea Toscan, Francesco Cubadda;

La concimazione organica e le tecniche di compostaggio di Renata Rogo

 

 

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