Dopo qualche giorno di pioggie leggere e mattine nebbiose, entri nell’orto. L’aria è ferma, l’umidità resta sospesa tra le foglie e i petali. Ti avvicini ai pomodori: sulle foglie appaiono chiazze giallastre, sulla pagina inferiore una patina biancastra. Più in là, le fragole mature hanno perso la lucentezza: un velo grigio le ricopre, rendendole molli. Non serve essere esperti per capire che qualcosa non va, ma serve conoscerlo bene per intervenire davvero.
Dopo aver affrontato in precedenza oidio, Fusarium e Pythium, oggi entriamo nel merito di due fitopatie insidiose: botrite e peronospora. Li vedremo da vicino, al microscopio e sul campo, per capire come attaccano le piante, cosa accade ai tessuti e perché certi trattamenti funzionano o falliscono.
Il necrotrofo grigio
La botrite è causata da un organismo patogeno, la Botrytis cinerea, che proviene dal greco botrys (“grappolo”) e cinerea (“color cenere”), per l’aspetto delle spore riunite e il colore della muffa.
È un fungo necrotrofo, ovvero si nutre di tessuti vegetali morti o morenti, causando marciumi molli e coprendo i tessuti con una caratteristica muffa grigiastra (la massa di conidi che il fungo produce per diffondersi). Uccide le cellule dei tessuti della pianta producendo enzimi come pectinasi e cellulasi, che distruggono le pareti cellulari e rilasciano il contenuto in forma liquida: un brodo nutritivo che il fungo assorbe.
Riproduzione
La botrite prospera con temperature fresche (15–20°C) e alta umidità. In queste condizioni le spore germinano rapidamente, penetrando nei tessuti attraverso ferite, aperture naturali o zone indebolite da stress. La sua strategia è semplice: indebolire le cellule ospiti con enzimi e tossine, ucciderle e sfruttarne i nutrienti. Durante la riproduzione forma milioni di conidi (spore asessuate) che si disperdono facilmente con vento e schizzi d’acqua. Con temperature fresche (15–20°C) e umidità >90% una spora può germinare in poche ore.
Sintomi visivi:
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Marciumi molli su frutti e foglie.
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Velo grigiastro e polveroso di conidi.
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Collasso e secchezza dei tessuti colpiti.
Il nemico invisibile delle notti umide
Il nome peronospora rappresenta una fitopatia ed un genere di microrganismi la cui etimologia riporta a peroné (“spillo”) e spora (“seme”), per la forma delle strutture riproduttive. Sono organismi appartenenti alla classe degli oomiceti, non funghi veri e propri, ma più simili alle alghe brune, con pareti di cellulosa anziché di chitina. Questi microrganismi sono biotrofi obbligati: vivono esclusivamente su tessuti vegetali vivi e non possono sopravvivere senza di essi. Infatti vivono senza ucciderli immediatamente: si nutrono mantenendo la cellula ospite in vita, almeno finché non hanno completato il loro ciclo. Questo significa che hanno evoluto un rapporto strettissimo con l’ospite, manipolando le sue funzioni senza distruggerlo subito, così da mantenerlo vivo mentre lo colonizzano. Per nutrirsi sviluppano austori, piccole estroflessioni che penetrano nella cellula vegetale senza romperne la membrana, sottraendo zuccheri e nutrienti.
Riproduzione
Producono sporangi che rilasciano zoospore mobili in acqua; queste si muovono con flagelli fino a trovare un punto d’ingresso (stomi, cuticola sottile). L’infezione è favorita da notti umide (bagnatura fogliare prolungata) e temperature miti (18–24°C). L’acqua è essenziale per la germinazione delle zoospore, che nuotano letteralmente sulla superficie della foglia grazie ai flagelli, fino a penetrare attraverso gli stomi.
Sintomi visivi:
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Macchie “a olio” giallo-verdi sulla pagina superiore.
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Sporulazione bianca e polverosa sotto la foglia.
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Collasso dei tessuti in zone sempre più ampie.
I limiti dei metodi tradizionali
Per secoli il rame (solfato di rame, poltiglia bordolese) è stato l’arma principale contro questi patogeni. Funziona perché gli ioni rameici (Cu²⁺) si legano a proteine ed enzimi fungini, denaturandoli e bloccando processi vitali come la respirazione cellulare. Il problema è che gli ioni Cu²⁺ non sono selettivi. Colpiscono molti microrganismi, patogeni e benefici, e in concentrazioni elevate possono essere tossici anche per lombrichi e fauna del suolo. Per l’ambiente il rame è molto dannoso in quanto si accumula nel suolo, diventando un inquinante persistente. Nel nostro organismo, un eccesso di rame può catalizzare reazioni di ossidazione che generano radicali liberi. Questi danneggiano lipidi, DNA e proteine, provocando stress ossidativo. L’esposizione cronica a dosi elevate può causare danni epatici e neurologici, soprattutto in soggetti con predisposizione genetica¹ e sugli animali² ³.
Inula viscosa: l’alternativa sostenibile
Il mio ultimo studio pubblicato su Malque Publishing (link), condotto insieme al dott. Domenico Prisa, ricercatore del CREA Orticoltura e Florovivaismo di Pescia (PT), ha testato prodotti a base di Inula viscosa con effetti protettivi contro botrite e peronospora, con risultati significativi: riduzione della sporulazione e della progressione dei sintomi. Oltre all’effetto protettivo, i trattamenti hanno mostrato un’azione biostimolante, con un miglior sviluppo della pianta sia a livello della chioma (maggiore numero e vigore delle foglie) sia dell’apparato radicale. L’azione protettiva potrebbe essere dovuta a un insieme di metaboliti secondari (sesquiterpeni, flavonoidi) con proprietà antifungine e antioomiceti, capaci di interferire con la germinazione delle spore e la crescita del micelio, oppure alla capacità antagonista dei microrganismi benefici favoriti da questi prodotti (batteri e funghi micorrizici).
INORT: biostimolante a base di Inula viscosa
L’uso di estratti di Inula viscosa si integra perfettamente in INORT: un biostimolante, a base di I. viscosa coltivata nel Cilento senza pesticidi né fertilizzanti di sintesi chimica, che racchiude al suo interno numerosi ceppi di microrganismi utili e una combinazione mirata di nutrienti di alta qualità. Questa sinergia rafforza le difese naturali delle piante e ne stimola una crescita vigorosa e resiliente.
Già sperimentato con successo contro Pythium, Fusarium e oidio, questo approccio si conferma oggi come una strategia solida e sostenibile per proteggere le colture, salvaguardare il suolo e ridurre l’impatto ambientale.
Comprendere quando e perché i funghi patogeni si sviluppano è il primo passo per contenerli senza ricorrere a interventi dannosi per l’ambiente. La scienza oggi ci permette di unire conoscenze microbiologiche e soluzioni naturali come INORT per proteggere le piante in modo mirato, preservando la fertilità e la biodiversità dei nostri sistemi agricoli.
Bibliografia
1. Pankit AN, Bhave SA. Copper metabolic defects and liver disease: environmental aspects. J Gastroenterol Hepatol. 2002 Dec;17 Suppl 3:S403-7. doi: 10.1046/j.1440-1746.17.s3.35.x. PMID: 12472971.
2. Wang Y, Yan Q, Shi Y, Long M. Copper Toxicity in Animals: A Review. Biol Trace Elem Res. 2025 May;203(5):2675-2686. doi: 10.1007/s12011-024-04345-8. Epub 2024 Aug 21. PMID: 39167307.
3. Liao W, Zhu Z, Feng C, Yan Z, Hong Y, Liu D, Jin X. Toxicity mechanisms and bioavailability of copper to fish based on an adverse outcome pathway analysis. J Environ Sci (China). 2023 May;127:495-507. doi: 10.1016/j.jes.2022.06.002. Epub 2022 Jun 10. PMID: 36522080.
Photo
Dorina Pitorac
Wikipedia
Nail Hamilton
Lindsey du Toit, Washington State University

